Il cortometraggio è cinema in miniatura, un racconto cinematografico in piena regola ma dalle dimensioni ridotte, abbordabile a volte anche con budget risicati e troupe ridotte al minimo. È una forma di racconto audiovisivo che è possibile fare concentrandosi su un’idea narrativa che può anche prevedere strumentazioni limitate, facendone virtù.

Il video musicale è ormai irrinunciabile per qualsiasi brano che venga proposto sul mercato. La musica spesso si ascolta su Youtube e non è raro che la passione per una canzone o per un gruppo nasca innanzitutto perché se ne apprezza il video. Personalmente mi piace molto realizzare videoclip. Ci sono infiniti approcci per “raccontare” un brano: dal piattamente didascalico al narrativo, passando per l’astratto, il minimalista, l’animazione, la danza…

Si sa che la pubblicità è l’anima del commercio e oggi giorno molto probabilmente il video è l’anima della pubblicità. Qualsiasi tipo di attività deve essere presente su internet, e il modo più immediato per presentarsi è sicuramente attraverso un video. Un filmato, oltre a dare le informazioni che si potrebbero trovare leggendo un testo o guardando delle fotografie, ha l’importante surplus di un impatto emozionale connesso alla scelta della musica che lo accompagna, al ritmo impartito dal montaggio e al senso di realtà legato alle immagini in movimento. Informazioni + emozioni.

Il video aziendale è il mezzo più diretto per presentare i valori di un'impresa, la sua storia o semplicemente spiegare rapidamente quello di cui si occupa. È il biglietto da visita più efficiente per comunicare con un potenziale cliente. Le opportunità di utilizzo si sono d’altronde moltiplicate esponenzialmente negli ultimi anni, aumentando le occasioni di visibilità: nel sito internet, sui social, come presentazione nelle fiere di settore attraverso schermi televisivi, o anche come introduzione direttamente al cliente attraverso computer portatili oppure tablet, oltre che in canali più tradizionali come televisione o dvd.

Raccontare il reale è una sfida solitamente impegnativa, che comporta un lavoro di attesa e “angolazione” cercando il miglior punto di vista per descrivere quello che si vuole osservare. Per punto di vista non intendo soltanto “cercare le inquadrature più belle”, ma piuttosto trovare una prospettiva su quello che verrà inserito nel racconto e quello che invece si considera non pertinente alla narrazione. Perché raccontare il reale non significa ovviamente raccontare tutto il reale.

Il linguaggio audiovisivo pervade ormai quasi ogni aspetto di comunicazione nel mondo moderno, diviso tra social media, televisioni e gli ormai onnipresenti display di smartphone e tablet. Il sistema educativo dovrebbe considerare ormai imprescindibile questo tipo di linguaggio e non limitarsi solo a far vedere qualche video sulla LIM in classe.

Con “video a tematica sociale” si considerano soprattutto filmati che trattano il mondo della disabilità; ma per me quello su cui è importante porre l’attenzione non è tanto descrivere una limitatezza o una mancanza, quanto trasmettere empatia a degli spettatori verso una certa condizione umana, che magari non riguarda lo spettatore in quel dato momento ma che potrebbe riguardarlo prima o poi, e da cui il pubblico non dovrebbe provare un sentimento di distanza bensì di comprensione partecipe.